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Identificare interessi, utenti e modalità d’azione site-specific, unendo la componente sociale a quella urbanistica. La gestione del processo di rifunzionalizzazione e riattivazione delle aree esterne alle scuole coinvolte nel progetto “Bell’ e Buon’ e Giusto” è partita da qui, grazie alla collaborazione del Collettivo Needle: équipe di architetti, designer, sociologi e storici dell’arte, specializzata in rigenerazione urbana e autocostruzione.

Nell’intervista a Livia Pacera, storica dell’arte esperta in metodologie innovative di indagine territoriale e membro del Collettivo Needle, sono emerse numerose riflessioni e considerazioni sulle diverse fasi del lavoro svolto per il progetto “Bell’ e Buon’ e Giusto”.

Quale attività laboratoriale è stata svolta con i ragazzi?

Abbiamo svolto un laboratorio di co-progettazione per la realizzazione di arredi lignei da inserire negli spazi esterni e comuni degli istituti coinvolti. Ciò è stato possibile grazie alla partecipazione attiva della platea scolastica e quindi attraverso la costituzione di focus group. Nei diversi plessi abbiamo scoperto gli spazi esterni e comuni attraverso gli occhi di chi abita la scuola, proponendo approcci sperimentali e sensoriali. Sono emerse esigenze differenziate a seconda del plesso e delle singolarità degli spazi, ma si sono trovati anche dati comuni utili per la definizione del design; tramite il test psicologico sui colori di Max Luscher ad esempio, è emerso che il 60 % complessivo dei partecipanti ha optato per i colori verde e giallo per la realizzazione degli arredi.

Cosa è emerso dall’esperienza delle attività con i ragazzi e che tipo di rapporto si è instaurato con loro durante il progetto?

Nei momenti collaborativi strutturati con gli studenti si è potuto riscontrare un forte interesse rispetto alle potenzialità di trasformazione degli spazi scolastici.

Gli studenti hanno avuto la possibilità di esprimere la propria visione attuale e ideale della Scuola come spazio del vivere in comune. Tramite nuvole di parole e disegni, abbiamo definito quali elementi potessero essere integrati negli spazi della scuola con particolare riferimento alle aree pertinenziali esterne (fatta eccezione per l’istituto Casanova che, privo di spazi esterni, ha riconosciuto all’androne di accesso all’istituto lo spazio comune entro il quale far ricadere il progetto).

Essendo stati ingaggiati tramite tecniche di indagine mirate, che prevedevano una ludificazione di questi momenti, con i partecipanti si è sin da subito instaurato un rapporto di scambio reciproco in cui gli studenti hanno fornito informazioni utili al progetto, essendo contemporaneamente coinvolti e affascinati dalla possibilità di indagare lo spazio in modo inusuale, tramite l’uso del colore, del corpo e della fantasia. Per sviluppare questo specifico approccio è stata fondamentale la fase iniziale di formazione dei formatori con Maria D’Ambrosio, secondo le tecniche embodied.

Quale differenza si è potuta apprezzare negli studenti dopo le attività svolte insieme?

L’aspetto più significativo lo si è riscontrato nell’attenzione che, successivamente agli incontri, gli studenti hanno riportato rispetto alla capacità di immaginare la trasformazione delle aree da rigenerare. Spazi che prima venivano percepiti come di passaggio o addirittura non accoglienti sono stai riletti sotto una nuova luce, grazie alla costruzione di una visione condivisa di trasformazione.

Com’è cambiato il modo di fare formazione dopo aver appreso le tecniche di embodied education?

Ad oggi ci si deve confrontare con situazioni e “territori in movimento”. Il Collettivo Needle crede che la cultura del progetto inteso come prodotto debba lasciare spazio a quella del progetto inteso come processo dinamico, predisposto alla trasformazione e basata su una metodologia che abbia un approccio sperimentalista. Per questo motivo, il percorso di formazione ci ha permesso di accedere a nuove prospettive di azione nel processo di didattica, in particolar modo rispetto all’uso del corpo come mezzo esperienziale di apprendimento e di indagine dello spazio.

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